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TEMATICA 2

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Saved by Alessandra
on May 30, 2017 at 4:12:27 pm
 

SEXTING

I rischi della rete

 

 

 

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CASO 1 

Amanda Todd

un caso che ha scosso il mondo

CASO 2 

Ghadeer Ahmed

la ribellione nel mondo arabo

CASO 3 

Jasmine e Briana

il mondo della scuola

CASO 4

Rehtaeh Parsons

l'incubo in un click

CASO 5 

Phillip Albert

un caso controverso

 

TEMATICA 1 

Le emozioni e l'autostima


 

TEMATICA 2

Il ruolo della famiglia e degli insegnanti


 

TEMATICA 3

Educare all'utilizzo consapevole della rete


 

TEMATICA 4

La legislazione

                           

Il ruolo della famiglia e degli insegnanti

 

I genitori dovrebbero essere presenti educativamente ed essere percepiti dai ragazzi  come persone capaci di indicare opportunità e rischi sia nel mondo reale che in quello virtuale e di fornire soluzioni praticabili e accettabili contro i pericoli della rete. L’adulto non deve essere un compagno di viaggio, ma una guida. E la scuola deve fare da sponda al lavoro dei genitori, anche se in molti casi dovrà ricoprire una funzione di supplenza.

Prevenire il fenomeno del cyberbullismo significa agire in primo luogo sui sentimenti e sui comportamenti, dialogando con i propri figli, aiutandoli a capire quello che provano, cosa vuol dire rispettare se stessi e gli altri, promuovendo senso critico, autonomia di pensiero e senso di responsabilità. Prima ancora di discutere su colpe e responsabilità, i ragazzi hanno bisogno di sentire che i genitori sono dalla loro parte (cosa che non è avvenuta nel caso di Briana che pur essendo stata una vittima del sexting non ha ricevuto nessun tipo di appoggio da parte della madre) e che li ascoltano e cercano soluzioni condivisibili.

Le figure genitoriali hanno il dovere e il compito di provvedere in prima persona con il dialogo e il confronto all’educazione emotiva/affettiva, al rispetto di se è del proprio corpo, oltre che a spiegare i rischi e dare regole chiare sull’utilizzo della rete. Se i ragazzi conoscessero le conseguenze anche legali del proprio agire probabilmente sarebbero meno diffusi certi comportamenti. Purtroppo succede spesso che proprio i genitori sono lontani dal vissuto dei propri figli.  Da questo disagio nascono spesso quei video che poi finiscono per diventare “virali” appena qualcuno li diffonde in rete.

Gli adolescenti sono spesso lasciati da soli a gestire il mondo virtuale, ma le azioni compiute in esso hanno un impatto anche su quello reale (come il caso in Virginia). Con le nuove tecnologie le trasgressioni diventano più immediate e meno gestibili, serve un canale di dialogo aperto con i propri figli per imparare a gestirle.

Un aspetto che può giocare a sfavore della comunicazione e della capacità di tutela degli adulti nei confronti dei figli è il fatto che i genitori di oggi non conosco appieno il mezzo e gli strumenti della rete. Questa spaccatura generazionale con la cultura dei figli, che vivono la loro socialità e le loro relazioni sentimentali attraverso le chat, la rete, i social network, la pornografia on-line, rende i genitori inesperti ed inadeguati a condurre i loro figli verso un uso consapevole delle risorse multimediali di cui dispongono. Quello dell’uso dei messaggi e delle foto postate sul web è il classico esempio in cui la capacità dei genitori di intervenire sulla vittimizzazione dei figli è molto limitata a causa del “digital divide” ovvero dell’incompetenza nell’uso del computer. Pertanto è necessario che siano presenti nelle istituzioni delle figure professionali atte a educare all’uso consapevole dei media e a dare consigli e indicazioni ai genitori affinché questi possano aiutare i propri figli ad essere dei buoni cittadini digitali.

Carolina, una ragazza ripresa in uno stato di quasi totale incoscienza mentre altri ragazzi facevano gesti osceni su di lei è perseguitata da una serie di post dove riceve insulti pesanti e ripetuti, tiene un diario dove afferma di non poter parlare con i genitori perché non capirebbero, ma che la sua vita è distrutta a causa delle “parole che fanno più male delle botte”. Una sera la ragazza si suicida lasciandosi cadere dal terzo piano della sua casa. I genitori erano ignari di tutto, così come gli insegnanti della sua scuola. Un’insegnante, intervistata nel documentario, commenta che a Carolina è mancata un’opportunità di dialogo che la scuola non ha saputo fornire, come per esempio uno sportello di ascolto.

Si tratta di un percorso in cui scuola e famiglia dovrebbero essere unite nel prestare attenzione allo sviluppo di questa dimensione in modo da favorire un processo di autoconsapevolezza che sostenga la costruzione di una buona autostima e quindi del rispetto di se stessi e degli altri.

Si evidenzia inoltre che, in caso di disagio psicologico nella sfera sessuale, l’adolescente tende a fare riferimento ai coetanei piuttosto che a figure adulte che spesso vedono i loro figli ancora come dei bambini (come  pensava la madre di Briana). Tra le figure adulte, l’adolescente ripone la propria fiducia solo nei genitori ai quali chiede la disponibilità al dialogo e di essere informato e guidato nelle insidie della vita.

La scuola, in quanto luogo in cui viene vissuta buona parte di vita adolescenziale, può rappresentare l’istituzione adatta a gestire azioni preventive (come sostiene la madre di Rehtaeh Parsons). Il nodo principale risiede in una costante ed innovativa rieducazione che non badi esclusivamente a proteggere dai rischi ma miri ad una promozione sociale incline ad un uso ed appropriazione intelligente del mondo mediatico. È opportuno che l’istituzione scolastica non escluda la cultura mediatica ma la incentivi. Deve divenire promotrice delle azioni ragionate ed educare i giovani verso una cultura digitale cosciente e all’avanguardia. 

Il prof. Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro Italia e Neuropsichiatria infantile ha ricordato che “ogni giorno tramite la nostra linea 19696 e la chat rispondiamo a ragazzi di tutt’Italia che hanno bisogno di essere aiutati perché vivono esperienze di bullismo online. Nell'era degli smartphone è impraticabile un'azione di mero controllo. È invece indispensabile che, fin dai primi passi mossi in rete, i ragazzi apprendano ad esercitare il proprio senso critico, a comportarsi in modo pro-sociale, ad evitare i rischi e a chiedere aiuto".  Amanda Todd anziché chiedere aiuto alla propria famiglia, che ha dichiarato di essersi sentita impotente di fronte al caso, o ad un adulto ha preferito utilizzare come mezzo di comunicazione le flashcard e diffonderle attraverso l’utilizzo di internet. Ma anche Ghadeer Amhed sapeva che la situazione sarebbe stata insopportabile non solo per la società in cui viveva ma anche per i propri genitori.

Arianna Saulini, di Save the Children, sottolinea: “Ragionare sulle politiche per gli adolescenti, considerandole come parte integrante delle politiche rivolte in senso più ampio ai giovani, è fondamentale”. L'Europa lo sta facendo, con la promozione di “iniziative che mettano definitivamente da parte la visione dei giovani come problema, riconoscendoli pienamente come risorsa, da rilanciare mediante politiche di empowerment”. Servono interventi educativi qualificati, “che coinvolgano in sinergia famiglia, scuola, istituzioni, Terzo Settore e, allo stesso tempo, attivino le risorse dei ragazzi e delle ragazze valorizzandone il protagonismo”. Perché “investire adeguatamente sugli adolescenti significa permettere loro di progettare percorsi di vita, rafforzati da un forte senso di appartenenza e di cittadinanza, e di vivere fuori dalla marginalità”. Protagonisti attivi, reali più che virtuali, del nostro tessuto sociale.

 

                                                                                                                    

 

 

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